Diario di un Prigioniero di Guerra Italiano 3

Be killed or surrender…

28-5-41 . . . Che giornate. Credevo di averne passate abbastanza, ma invece mi sbagliavo. Ieri mattina un pò prima che facesse giorno stavo dormendo come meglio potevo, quando l’armata inglese cominciò ad avanzare contro di noi. Eravamo in una posizione disperata, male armati, rimasti con poche munizioni e mangiare quasi per niente. Davanti a noi avevamo l’esercito inglese che avanzava inesorabilmente e di dietro l’esercito nazista pronto a mitragliarci se ci ritiravamo. Credo che gli stessi pensieri si presentarono alla mente di ognuno di noi: avevamo tre alternative, due erano di farsi ammazzare come stupidi sia resistendo  o ritirandosi,  l’altra di arrendersi e diventare prigionieri. Nessuno resistette e quasi nessuno si ritirò, abbandonammo le nostre inutile  armi, alzammo le mani ed i tanksinglesi seguiti dalla fanteria proseguirono per la loro strada. Non fui stupito di vedere che fra le migliaia di coloro che si erano arresi vi erano anche molti di coloro che a parole si spaccìavono per fanatici fascisti ed avevano più volte ripetuto che avrebbero combattuto fino alla fine per il loro  duce. Vi erano battaglioni complete di camicie nere, in mezzo a tanta miseria fu l’unica cosa che mi portò il sorriso sulle labbra: anche I campioni di Mussolini preferivano la prigionia alla morte del topo! E’ ben differente mettersi una uniforme’ risplendente con gli stivali lucidi e poter così più facilmente conquistare una ragazza, fare il saluto fascista ed il burrattino e pavoneggiarsi per le vie della città o del paese, che combattere e farsi ammazzare dopo essere rimasti  senza acqua, senza cibo e senza munizioni. Bisogna vederle adesso le baldanzose camicie nere che volevano conquistare il mondo.

Dove sono le belle uniformi e gli stivali e l’oro e l’argento dei loro gradi? Sono sporchi, pieni di sabbia, assetati, affamati, avviliti nella loro sconfitta, sono perfino più umili di noi, la loro arroganza è scomparsa, ma spero che non mi mettano insieme a loro perchè so che sono dei vigliacchi e forse domani quando si troveranno di nuovo dietro la sicurezza dei fili spinati la loro attitudine potrà ridiventare quella di prima, perchè questa è la prerogativa dei fascisti: grandi parole, e fatti quando sono almeno in venti contro uno, se la posizione è appena appena in loro sfavore sono peggio dei conigli. Come sono avvelenato, scrivo perchè ho bisogno di sfogarmi, se no scoppio. Siamo ammassati come le pecore, siamo ancora senz’acqua e senza mangiare, lo scrivere mi aiuta a passare il tempo, siamo tanti che evidentemente gli inglesi non possono immediatamente sistemarci e darci condizioni migliori, l’unica speranza è che ci mandino al più presto via da questo deserto, il giorno in cui potrò ancora bere acqua a volontà credo sarà il più bel giorno della mia vita. Che tormento avere le labbra gonfie e screpolate, la gola secca e gonfia, solo poter avere un pù d’acqua. Acqua, acqua, mai avevo pensato così tanto ad una parola “acqua” una parola che dà l’ideadi un liquido fresco che rinfresca, che dà la vita, la vedo davanti agli occhi, la vedo in tutte le forme, vedo fiumi di acqua, vedo bicchieri pieni di acqua, vedo caraffe piene di acqua e ghiaccio, sono vicino a me, sono lì per me . . . basta che allunghi la mano e sono mie . . . ma no io sto scrivendo . . . sto delirando, sono un prigioniero, sono nel deserto, sono un soldato di Mussolini, ma no … io non sono un soldato di Mussolini, ed allora rido . ; . si, sto scrivendo ancora e rido, rido . . . rido … e le mosche, milioni di mosche volano intorno a me e sono sopra a me: nelle orecchie, negli occhi, sulla faccia, le mosche mi coprono … mi seppelliscono cerco di prendere aria e mi entrano in bocca … la mia mente è distaccata dal mio corpo, non sono io che scrivo, non posso essere io che scrivo, come posso ancora scrivere? Guardo . . .

29-6-41 . . . Sono in ospedale, mi hanno ridato le cose personali che avevo con me e con meraviglia mi hanno anche ridato il mio diario. Ho riletto le ultime pagine, evidentemente devo essere svenuto e qualche compagno me lo mise in tasca. Non ricordo assolutamente niente, mi dicono che mi hanno portato qui più morto che vivo e che sono rimasto giorni e giorni senza conoscienza. Sono ancora molto debole, ma posso scrivere ed ho sempre vicino a me un bicchiere pieno d’acqua, che buona che è l’acqua. Corrono voci che ci imbarcheranno presto per destina zione ignota. Vedremo che cosa succederà. Sono molto stanco, bisogna che smetta.

One week after the Italian soldier is taken to hospital the following newspaper article is published:

1941 ‘HEAT STOPS WAR IN LIBYA’, The Newcastle Sun (NSW : 1918 – 1954), 7 June, p. 1. , viewed 18 Aug 2021, http://nla.gov.au/nla.news-article167450892

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